“Il più gran vantaggio che si possa dare ai figli è di educarli bene!”
Diventare genitori è una delle esperienze più intense e cariche di emozioni indimenticabili che la persona affronta nell’arco del ciclo di vita, allo stesso tempo implica l’assunzione di un ruolo di primaria importanza su cui ruota la formazione e crescita psicologica ed educativa dei propri figli.
Non è del tutto inesatta l’affermazione ” fare i genitori è il compito più difficile del mondo”, ciò che si perde d’occhio quando ci si lascia andare ad affermazioni di questo tipo è che i genitori sono stati bambini anche loro, e quindi riporteranno nell’educazione fornita ai propri figli molto di quello che è stato il modello educativo fornito dai genitori della famiglia d’origine a loro.
E’ frequente costatare come questo modello educativo ricevuto nella famiglia d’origine dei neo-genitori sia così criticato da influire comunque in maniera conflittuale e ambivalente nella relazione con i figli.
Questo ci potrebbe portare molto più lontano perché anche nel rapporto di coppia i partner cercano la soddisfazione in modo quasi segreto dei bisogni rimasti inespressi nella prima infanzia, se non addirittura di tutte le deprivazioni subite.
Perciò il consiglio a tutti i neogenitori è quello di riflettere sul nuovo ruolo che dovranno rivestire e privilegiare nel rapporto con il proprio figlio la comunicazione di emozioni e sentimenti, in modo da essere chiari, lineari e vivere intensamente ogni momento nella piena autenticità, libera da turbamenti e condizionamenti. Già i neonati nella culla ricevono da parte dei genitori un primo abbozzo di “educazione”. Toni di voce ed espressioni differenti di mamma e papà, delle volte inconsapevoli, palesano infatti la loro approvazione o disapprovazione nei confronti dell’operato del bebè, ma anche conflitti e dissapori di coppia.
Soprattutto con i bimbi in età prescolare e scolare la funzione dell’educazione diventa un punto fermo del rapporto genitori-figli, rapporto spesso burrascoso e caratterizzato da esasperazione reciproca e insofferenza.
Stabilire delle regole insieme, comprendere cosa sia giusto e cosa non lo sia, può non essere difficile per un genitore. Ciò che può essere difficile è saper essere “cogenitori”, l’opportunità su cui si baserà la riuscita o meno dell’educazione dei figli.
La cogenitorialità presuppone un’alleanza tra due persone: mamma e papà che concordano insieme un piano d’azione, lo sostengono e lo seguono quando si occupano insieme e da soli del bambino, tenendo in considerazione desideri e sofferenze reciproche. Tale piano va ridefinito in progress e ciò è possibile solo attraverso il confronto reciproco. I genitori devono darsi una vicendevole conferma delle cose che sanno fare e che piacciono ai figli, anzichè scivolare in escalation di rabbia, frustrazioni e accuse. Questo rischia di creare un forte disagio nel bambino che potrebbe esprimere, specialmente se molto piccolo, attraverso irrequietezza, insicurezza e soprattutto disorientamento dovuto ai messaggi contrastanti e distruttivi che i genitori si inviano tra di loro.
Questi potranno diventare i principali tratti del comportamento del piccolo anche crescendo.
Ecco perché è fondamentale trovare un modo (e non esiste una regola generale, ma solo qualche indicazione di base) per riuscire a “comunicare” con i bambini, mettendosi nella loro stessa frequenza d’onda senza che questo implichi necessariamente permissivismo e senza che, in nessun modo, l’autorità genitoriale venga meno.
La questione dell’autorità è fondamentale nel rapporto genitori-figli, è importante, infatti, che il ruolo di mamma e papà non venga mai meno e che il bambino possa trovare in loro, nella loro fermezza, un punto stabile cui far riferimento, solo in questo modo potrà crescerete forte e autonomo.
Una volta impostata una regola e spiegata al piccino è meglio non lasciarsi andare al permissivismo. Chiudere un occhio lasciandogli fare ciò che meglio crede è controproducente e alla lunga mina l’autorevolezza del genitore.
Stabilite quindi delle regole, cercate di renderle più chiare e semplici possibili e fate in modo che il bambino le rispetti, ripetendogliele anche molte volte se occorre. Disorienta, infatti, l’atteggiamento di chi dice no e poi cambia idea.
Lo stesso discorso vale anche per i “capricci”. Mai cedere di fronte a un ricatto, ma cercare di capire cosa questo nasconde (Perché il bimbo sta reagendo così? Cosa vuole veramente?), cosa con il capriccio il bambino vuol comunicare, cercate di parlare con lui/lei e soprattutto controllate la rabbia in quanto grida, punizioni ricorrenti e ricatti non servono a niente!
Scritto da Dott.ssa Maria Concetta Convertino – Psicologa